I rapporti tra collegio sindacale e Odv alla luce delle nuove norme di comportamento del CNDCEC 2021

Author Davide Cannizzaro

PREMESSA

Le nuove “Norme di comportamento del Collegio sindacale di società non quotate” emanate dal CNDCEC nel 2021 dedicano la Norma 5.5. ai rapporti tra il Collegio sindacale e l’Organismo di Vigilanza nominato ai sensi del D.Lgs. 231/2001.

Tale disposizione conferma una volta di più come i Sistemi di Organizzazione e Controllo previsti dalla Normativa 231 siano parte degli adeguati assetti organizzativi amministrativi e contabili oggi cristallizzati nell’art. 2086 c.c., così come modificato dal Codice della crisi di impresa (D.Lgs. 14/2019).

Centrale è lo scambio di informazioni tra tali organi, che la Norma in esame riferisce – per sua natura – principalmente al flusso verso il Collegio sindacale, ma che nelle best practices applicative dei Modelli organizzativi resta “bidirezionale”, ovviamente nei limiti delle competenze di ciascuno.

In questo articolo analizziamo la Norma di comportamento e il ruolo del Collegio sindacale nell’ambito “231”, soffermandoci sulle “materie trasversali” in cui emergono dei punti di contatto con l’OdV.

LE NUOVE NORME DI COMPORTAMENTO DEL COLLEGIO SINDACALE

A partire dal 1° gennaio 2021 sono in vigore le nuove “Norme di comportamento del Collegio sindacale di società non quotate” emanate dal CNDCEC.

Si tratta di norme deontologiche rivolte a tutti gli iscritti all’Albo dei dottori commercialisti ed esperti contabili. In quanto tali, esse condividono la natura di norme secondarie che costituiscono l’esplicitazione dei principi generali contenuti nella legge professionale di riferimento, contribuendo a chiarirne il significato e l’ambito operativo.

Le Norme sono indirizzate ai:

  • Sindaci di SpA e al sindaco unico di Srl che non svolgono le proprie funzioni in società che operano in settori vigilati, necessariamente attratte nell’ambito applicativo della legislazione speciale;
  • Sindaci di SapA;
  • a quelli nominati nelle società cooperative.

Sono invece esclusi i casi in cui i sindaci esercitano la funzione di revisione legale, poiché la struttura delle Norme presuppone l’affidamento ad un soggetto esterno alla società con il quale l’organo di controllo scambia tempestivamente le informazioni rilevanti per lo svolgimento delle rispettive funzioni.

In particolare, la Norma 5.5. – come si vedrà – è dedicata al rapporto fra il Collegio sindacale e l’Organismo di vigilanza.

IL RUOLO DEL COLLEGIO SINDACALE NEGLI ADEGUATI ASSETTI E NELLA “COMPLIANCE 231”

Prima di poterci inoltrare nell’analisi volta ad approfondire i rapporti tra i due organi societari, è importante ricordare che l’obbligo di adozione di adeguati assetti, organizzativi, amministrativi e contabili altro non è che l’esplicitazione circa il rispetto del più generale principio, previsto dal Codice Civile all’art. 2403, di corretta amministrazione, ossia della conformità delle scelte di gestione:

  1. a criteri di razionalità economica posti dalla scienza dell’economia aziendale
  2. alla ragionevolezza.

La Norma di Comportamento 3.5., rubricata “Vigilanza sull’adeguamento e sul funzionamento dell’assetto organizzativo“, specifica che un assetto organizzativo è adeguato se presenta una struttura compatibile alle dimensioni della società, nonché alla natura e alle modalità di perseguimento dell’oggetto sociale, nonché alla rilevazione tempestiva degli indizi di crisi e di perdita della continuità aziendale e possa quindi consentire, agli amministratori preposti, una sollecita adozione delle misure più idonee alla sua rilevazione e alla sua composizione.

In buona sostanza, ai sindaci spetta il compito di controllare che gli amministratori, nello svolgimento del proprio incarico, abbiano effettuato scelte razionali e ragionevoli, valutando, preventivamente, gli aspetti essenziali, in termini di rischi, di costi e di benefici attesi.

Non si può, tuttavia, non considerare che fulcro degli adeguati assetti è rappresentato dal sistema di controllo interno. Disciplinato dalla Norma di comportamento 3.6, è definito come: “l’insieme delle regole, delle procedure e delle strutture organizzative volte a consentire l’identificazione, la misurazione, la gestione e il monitoraggio dei principali rischi cui la società è esposta”, così confermando l’approccio alle diverse tipologie di rischio cui deve essere improntata l’attività sul rispetto dei principi di corretta amministrazione da parte dell’organo di controllo.

L’adeguatezza degli assetti organizzativi, amministrativi e contabili è elemento essenziale per lo svolgimento dell’attività di impresa, sia in un’ottica di going concern sia quale strumento della prevenzione e gestione dei rischi di impresa.

In tale prospettiva, si è ampliato sia in ambito europeo che internazionale il ruolo dei “compliance programs” quali strumenti di prevenzione dei rischi di impresa e, in molti casi, anche di “corporate social responsibility“. La loro adozione è oggi ascritta nella più ampia categoria degli adeguati assetti organizzativi, amministrativi e contabili, quale strumento della governance ed integrato nel modus operandi:

  • per il raggiungimento degli obiettivi aziendali;
  • quale occasione di riesame ovvero quale opportunità di miglioramento e di crescita.
I RAPPORTI CON L’ORGANISMO DI VIGILANZA: LA NORMA 5.5.

L’oggetto di questa analisi, come detto, è il rapporto tra il Collegio Sindacale e l’Organismo di Vigilanza nominato ai sensi del D.Lgs. 231/01, a cui le Norme del CNDCEC dedica la Norma 5.5. che stabilisce che Ai fini dello svolgimento dell’attività di vigilanza, il Collegio sindacale acquisisce informazioni dall’Organismo di vigilanza in merito alla funzione ad esso assegnata dalla legge al fine di vigilare sull’adeguatezza, sul funzionamento e sull’osservanza del modello adottato ex d.lgs. n. 231/2001. Il Collegio sindacale verifica che il modello preveda termini e modalità dello scambio informativo dell’Organismo di vigilanza a favore dell’organo amministrativo e dello stesso Collegio sindacale”.

Il collegio sindacale deve, quindi, acquisire informazioni al fine di verificare gli aspetti inerenti all’autonomia richiesta dal legislatore per l’efficace esercizio delle funzioni assegnate all’Organismo di vigilanza stesso.

Cosa significa in sostanza?

Che i sindaci devono acquisire dall’OdV le informazioni relative al Modello Organizzativo adottato dalla società, al suo funzionamento ed alla sua efficace attuazione: il Modello 231 rientra a pieno titolo nel novero degli elementi che qualificano gli adeguati assetti, il cui compito di vigilanza ricade, come abbiamo visto, sul Collegio sindacale.

Si pensi, a titolo esemplificativo e non esaustivo, alle informazioni riguardanti:

  • la necessità di aggiornamento del Modello 231 in relazione ad eventuali modifiche morfologiche o strutturali della società, a nuovi reati presupposto, ad eventi che abbiano manifestato l’esigenza di un’implementazione dei protocolli e/o delle procedure/regolamenti ad esso sottesi;
  • eventuali gap nella previsione di protocolli e/o procedure richiamate dal Modello 231 ovvero della loro applicazione pratica da segnalare, soprattutto per le aree indicate come particolarmente sensibili;
  • l’effettivo funzionamento dei flussi informativi periodici e ad evento;
  • il livello di attuazione e frequenza della formazione; la notizia su eventuali sanzioni disciplinari comminate con riferimento a violazioni del Modello 231 o delle procedure da questo richiamate.

In effetti per i professionisti che ricoprono ruoli quali membri di Collegi sindacali o di Organismi di vigilanza, il tema del rapporto tra i due organi è di cruciale importanza.

La Fondazione nazionale dei Commercialisti nelle “Linee guida” per l’Organismo di vigilanza (del 2013) e il CNDCEC nei “Principi 231” (del 2019), avevano già specificato in proposito che l’attività di reporting dell’Organismo di vigilanza verso gli organi societari è fondamentale al fine di attestare l’effettività della vigilanza svolta. Assume particolare rilievo la relazione che con cadenza periodica – in genere annuale o semestrale – l’Organismo di vigilanza predispone a favore dell’organo amministrativo per riepilogare le attività svolte nel periodo di riferimento della relazione, dando evidenza delle eventuali criticità emerse, degli interventi correttivi pianificati e del loro stato di realizzazione, delle necessità di eventuali aggiornamenti del Modello 231 e, infine, indicando il piano delle attività per il periodo successivo.

In ragione delle descritte esigenze informative appare, dunque, opportuno che tale relazione periodica venga trasmessa per conoscenza anche al Collegio sindacale.

LA NOVITÀ

La novità più rilevante della Norma 5.5 è la richiesta al Collegio sindacale di verificare che nel Modello 231 siano previsti appositi flussi informativi finalizzati a garantire l’informazione periodica sull’attività svolta dall’OdV, specie con riferimento all’attività di vigilanza sull’adeguatezza del Modello 231, sulla sua efficace attuazione e sul suo aggiornamento, in particolare con riguardo all’inserimento dei nuovi reati presupposto presi in considerazione ed all’illustrazione delle procedure volte a presidiare le relative aree di rischio.

La sempre più intensa necessità di interlocuzione con l’OdV è determinata, da un lato, dall’incremento costante del catalogo dei reati-presupposto per la responsabilità degli enti (si pensi, da ultimo, all’introduzione di molte fattispecie del diritto penale tributario); dall’altro, dal regime sanzionatorio del DLgs. 231/2001 che “può avere effetti significativi sugli equilibri economico finanziari della società e sulla stessa continuità aziendale”.

Altrettanto incisiva è l’indicazione per il Collegio a sollecitare l’organo amministrativo nel caso in cui la società non abbia adottato il Modello 231, stimolando “le necessarie attivazioni” in assenza di valide ragioni per tale mancata adozione. Qualora, nonostante le sollecitazioni dell’organo di controllo e senza adeguate motivazioni, l’organo amministrativo non intenda dotare la società del Modello 231, il Collegio sindacale può farne menzione nella relazione ex art. 2429 c.c., al fine di far constatare all’assemblea la propria attivazione in tal senso ed evitare, in ogni caso, qualsiasi possibile conseguenza, di cui all’art. 2407 comma 2 c.c. 22.

Il Collegio sindacale ha l’obbligo di verificare che gli amministratori abbiano valutato l’adozione del Modello 231 e, ove nominato, l’operatività dell’OdV in conformità alle previsioni del Modello stesso, nonché l’autonomia e l’indipendenza del medesimo OdV necessarie per svolgere in modo efficace la funzione assegnatagli.

È, infine, richiamata l’ipotesi in cui uno o più componenti dell’OdV siano stati scelti fra i sindaci della società ovvero la stessa funzione di OdV venga attribuita al Collegio sindacale (ex art. 6 comma 4-bis del DLgs. 231/2001). In questo caso è fondamentale che “le due funzioni rimangono tuttavia distinte, pur se coordinate fra loro, e delle attività svolte nell’espletamento delle stesse dovrà essere fornita separata evidenza documentale, dovendo pertanto darsi contezza dell’attività svolta ex d.lgs. n. 231/2001 in verbali e in carte di lavoro distinti rispetto al libro delle adunanze e delle deliberazioni del Collegio sindacale e ai relativi documenti di supporto”.

FUNZIONI DI CONTROLLO E FLUSSI INFORMATIVI

Affinché un sistema di controllo possa essere definito efficiente ed efficace occorre che i diversi soggetti coinvolti interagiscano tra di loro.

Le Linee Guida Confindustria (già nell’aggiornamento 2014, oggi ulteriormente approfondito con l’aggiornamento del giugno 2021) hanno sottolineato che la mancanza di coordinamento tra i diversi organi di controllo, comporta il rischio di:

  1. duplicazione dei compiti in capo a soggetti diversi,
  2. perdita complessiva di efficienza del sistema dei controlli.

Nel caso di specie, l’Organismo di vigilanza dovrà interfacciarsi e coordinarsi con gli altri attori del sistema di controllo, ossia con il Collegio sindacale nel sistema codicistico tradizionale (di cui si è detto nel precedente paragrafo), il Consiglio di sorveglianza (di seguito anche “Cons. sorv.”) nel sistema dualistico, il Comitato per il controllo sulla gestione (di seguito anche “CGC”) nel sistema monistico, oltreché al revisore legale, ove nominato.

Ciò che rende difficoltosa la strutturazione dei rapporti tra Collegio sindacale e OdV è anche la “fumosità” della disciplina sull’Organismo di vigilanza.

A quest’ultimo viene affidato il “compito di vigilare sul funzionamento e l’osservanza dei modelli e di curare il loro aggiornamento” a fronte del quale vengono richiesti degli “autonomi poteri di iniziativa e di controllo” (art. 6 del DLgs. 231/2001).

Il legislatore, dunque, non fornisce elementi utili a definire la composizione e i requisiti, nemmeno attraverso un richiamo ai principi generali in tema di organi di controllo. Indicazioni ulteriori possono unicamente essere tratte dalle best practices di venti anni di applicazione del D.Lgs. 231/2001, dalla giurisprudenza, oltre che dalle Linee Guida delle Associazioni di categoria, tra cui in particolare quelle di Confindustria.

Trattando di Norme di comportamento indirizzate al Collegio sindacale è evidente che i flussi informativi richiesti appaiano “unidirezionali” (dall’OdV al Collegio). Tuttavia, proprio le prassi a cui si è accennato rivelano la necessità di uno scambio informativo “bidirezionale” in cui l’OdV stesso – quale organo di controllo di secondo o terzo livello – potrà espletare parte delle sue verifiche attraverso la richiesta di informazioni (anche) al Collegio sindacale, ovviamente tenuto conto dei limiti delle proprie competenze. Si pensi, in particolare, alle informazioni riguardanti il bilancio su cui l’Organismo di vigilanza deve vigilare in funzione della prevenzione del reato di false comunicazione sociali e che richiederà un’informativa specifica da parte del Collegio sindacale, oltre che dall’Amministratore delegato/CFO ed eventualmente dalla società di revisione. Qui la direzione del flusso sarà necessariamente dal Collegio all’OdV.

Lo stesso documento CNDCEC (febbraio 2019) da un lato ha precisato che l’OdV relaziona agli organi societari circa gli esiti dell’attività di vigilanza condotta, inviando sia all’organo amministrativo, sia agli organi di controllo interno (Collegio sindacale, Comitato per il controllo sulla gestione, ecc.) la Relazione periodicamente predisposta. In aggiunta ai flussi informativi ordinari l’OdV è chiamato a dare immediata comunicazione a tali soggetti al verificarsi di situazioni straordinarie, inerenti, ad esempio, a eventuali segnalazioni di violazioni dei principi contenuti nel Modello 231 pervenute all’attenzione del medesimo. Allo stesso tempo, il medesimo documento stabilisce che “tutti i soggetti che fanno riferimento all’attività svolta dall’Ente dovranno quindi garantire la massima cooperazione, trasmettendo all’OdV ogni informazione utile per l’espletamento delle funzioni che gli sono proprie” e che “i flussi informativi devono avere natura bidirezionale, consentendo ai destinatari del Modello di informare costantemente l’OdV e a quest’ultimo di interagire/retroagire con gli stessi soggetti”.

CONCLUSIONI

È palese, quindi, la necessità di un adeguamento normativo in ambito di “compliance 231” che meglio definisca tutti quegli aspetti oggi lasciati all’interpretazione e alle best practices.

È dunque fondamentale, laddove fra i membri dell’OdV non vi sia anche un membro del Collegio sindacale ovvero nel caso in cui il Collegio nella sua totalità non sia anche OdV, assoggettare tale rapporto a precise regole per evitare sovrapposizioni e duplicazioni di controlli, ma al contempo massimizzare le sinergie derivanti dallo scambio virtuoso di flussi informativi.

L’armonizzazione dei controlli introdotti per prevenire i reati 231 con quelli già previsti dagli altri sistemi dovranno seguire il principio di sostenibilità e, quindi, estendere il più possibile il sistema di controllo evitando però ridondanze e duplicazioni che penalizzerebbero l’organizzazione sotto altri punti di vista, ad esempio provocando un rallentamento eccessivo dei processi operativi.

Significa anche sfruttare le possibili sinergie fra organi di controllo che, ognuno nel perimetro di rispettiva competenza, possono utilmente cooperare mediante idonei flussi informativi e confronto continuo sulle aree di comune interesse (come i reati societari per OdV e Collegio sindacale).

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