Author Gianmarco Nargiso Croce
L’Agenzia delle Entrate, tramite risposta ad interpello, ha confermato la deducibilità “automatica”, ai fini IRES, delle perdite su crediti di importo non rilevante (“mini-crediti”), vantati da debitori non assoggettati a procedure concorsuali scaduti da oltre 6 mesi.
MINI-CREDITI
I “mini-crediti” sono caratterizzati da:
- importo non superiore a 5000 euro, per le imprese di grandi dimensioni (con volume d’affari/ricavi superiori a 100.000 euro);
- importo non superiore a 2500 euro, per le altre imprese.
Ad esempio, ciò comporta che la perdita riferita ad un credito 2020 pari ad euro 1.000, scaduto e non incassato nell’anno (entro il 31 dicembre 2020), può essere dedotta nell’anno d’imposta 2020 a patto che prima venga imputato il componente negativo a Conto Economico, senza necessariamente dimostrare la sussistenza di elementi certi e precisi. Questo è possibile anche nel caso in cui il costo sia confluito nel Conto Economico a titolo di svalutazione.
Secondo la precedente normativa era onere del contribuente dimostrarne la deducibilità, come componente negativa del reddito d’impresa, con elementi certi e precisi. Con l’attuale normativa, invece, “gli elementi certi e precisi sussistono in ogni caso quando il credito sia di modesta entità e sia decorso un periodo di sei mesi dalla scadenza di pagamento del credito stesso”.
Con riferimento all’esercizio di deducibilità delle svalutazioni contabili dei “mini-crediti”, la normativa ha stabilito queste che sono deducibili nell’esercizio in cui il credito viene cancellato dal bilancio.
In questo modo, si permette al contribuente di “rinviare” la deduzione di tali svalutazioni, come perdite, al momento dell’eliminazione del credito dal bilancio, così da evitare l’automatica trasformazione delle svalutazioni stesse in perdite, eliminando in eventuali problematiche gestionali.
Come confermato dall’Agenzia delle Entrate con la risposta ad interpello, per effetto di tale disposizione, in presenza di svalutazioni contabili, la scelta dell’esercizio in cui portare in deduzione il componente negativo divenuto fiscalmente rilevante spetta all’impresa creditrice, con l’unico limite temporale rappresentato dal periodo d’imposta in cui il credito viene cancellato dal bilancio.
Tuttavia, si evidenzia che la cancellazione in bilancio dei “mini-crediti”, svalutati e dedotti in esercizi precedenti, sarà fiscalmente irrilevante, in quanto, essendo stati già dedotti, non produrranno effetti ai fini fiscali.
Infine, se prima della cancellazione dal bilancio, i “mini-crediti”, la cui svalutazione è stata dedotta come perdita, vengono incassati anche solo parzialmente, si genera una sopravvenienza attiva, rilevante ai fini fiscali, pari all’importo incassato.
NOTE CREDITO (VARIAZIONE IN DIMINUZIONE)
La normativa di riferimento sull’emissione di note di variazione iva è il Decreto del Presidente della Repubblica 633/1972 (art. 26).
La nota di credito deve essere emessa nell’anno in cui si viene a conoscenza della variazione intervenuta.
Se, ad esempio, l’operazione di riferimento è del 2020 ma la condizione che determina l’emissione della nota di credito si verifica nel 2021, la stessa dovrà essere emessa nel 2021.
Generalmente, dal punto di vista IVA, se:
- è trascorso meno di un anno dall’operazione principale, la nota credito emessa dovrà riportare l’IVA;
- è trascorso più di un anno dall’operazione principale che va rettificata, la nota di credito non dovrà riportare l’IVA.
È possibile usufruire del diritto al recupero dell’imposta in tre tipologie di situazioni, disciplinate dai commi 2 e 3 dell’art.26:
- nel caso in cui si verifichi una causa di nullità, annullamento, revoca, risoluzione, rescissione e simili, che incidono sul rapporto contrattuale e produrre il venir meno del titolo negoziale;
- nel caso di concessione da parte del cedente/prestatore di sconti o abbuoni previsti da contratto;
- nel caso in cui il venir meno dell’operazione soggetta ad imposta trae origine da un accordo sopravvenuto tra le parti volto a modificare le pattuizioni contenute nell’accordo originario, ovvero dipenda da inesattezze della fatturazione ed errori materiali o di calcolo.
A seconda di tali casi, l’emissione della nota credito può essere soggetta o meno a limiti temporali:
- nei casi descritti ai punti 1 e 2, l’emissione può avvenire senza alcun limite di tempo;
- nei casi riportati al punto 3, l’emissione deve avvenire entro 1 anno dall’emissione della fattura a cui si fa riferimento (ad esempio, nel caso di sconti e abbuoni non disciplinati da un contratto tra le parti ma sopravvenuti successivamente, o nel caso di errata fatturazione, ossia di una variazione necessaria per correggere un errore, per esempio di quantità o prezzo, nella fattura di riferimento).
Pertanto, se la variazione si riferisce ad una fattura di anni precedenti e quindi la nota di credito deve essere emessa oltre il termine dell’anno previsto, in tal caso la nota di variazione deve essere fuori campo IVA e, dunque, il suo importo deve far riferimento solo all’imponibile.
Occorre ricordare che il recupero dell’Iva deve rispettare il termine imposto dalla normativa (art. 19, comma 1, D.P.R. n. 633/1972 modificato dall’art. 2 del D.L. n. 50/2017), pena la decadenza dal diritto di detrazione. Questo significa che se anche la nota di credito potrà essere emessa senza alcun limite temporale, il cedente o prestatore potrà detrarne l’imposta a condizione che la rettifica sia operata, al più tardi, entro il termine di invio della dichiarazione IVA dell’anno in cui è sorto il diritto di detrazione (“il diritto alla detrazione dell’Iva sorge nel momento in cui l’imposta diviene esigibile, ossia alla data in cui l’operazione si considera effettuata ai fini Iva”).
Il termine è stato ridotto: fino al 2017 era biennale, ovvero entro il termine di “presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto alla detrazione è sorto”.
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