Il ministro dei Trasporti e delle Mobilità sostenibili, Enrico Giovannini, ha firmato il decreto che introduce il mobility manager nelle imprese e nelle istituzioni con oltre di 100 addetti.
Come affermato da Giovannini, il mobility manager serve per “ripensare i tempi della città, i tempi del movimento, delle scuole, delle persone”. Al mobility manager – aggiunge il Ministro – “spetta il compito di capire come spalmare lo smart working lungo la settimana”. Un provvedimento, questo, nato dall’esigenza di creare un piano spostamenti casa-lavoro, divenuto indispensabile con l’aumento dello smart working.
CHI È E COSA FA IL MOBILITY MANAGER
Il mobility manager ha il compito di pianificare lo smart working e suddividere il lavoro agile tra i dipendenti, per evitare che ci siano giorni di sovraffollamento delle postazioni in ufficio e viceversa. Inoltre, questa figura si occuperà anche della gestione del traffico e dei trasporti, con l’obiettivo di agevolare la mobilità e rendere le città più vivibili.
La figura del mobility manager, secondo quanto anticipato, sarà obbligatoria in tutte le aziende con più di 100 dipendenti e nelle città con oltre 50 mila abitanti.
Un provvedimento che riguarda le aziende ma anche la Pubblica Amministrazione perché – come ha spiegato il Ministro – il tema della flessibilità degli orari, in vista delle riaperture a settembre, deve coinvolgere tutti i soggetti locali. Senza un coinvolgimento di tutti, non si cambia la vita delle città. Occorre distribuire gli orari di lavoro e delle scuole e per questo stiamo creando una consulta con imprese, sindacati e reti di cittadini”.
Le aziende e le città in questione, entro il 31 dicembre 2021, dovranno nominare un mobility manager, il quale deve avere “funzioni di supporto professionale alle attività di decisione, pianificazione, programmazione, gestione e promozione di soluzioni ottimali” – spiega Giovannini – e deve guidare la redazione di un Piano Spostamenti Casa-Lavoro (PSCL).
Per stilare un PSCL, il mobility manager deve fare innanzitutto un lavoro di analisi ed esaminare, utilizzando strumenti statistici e tool di geocoding, l’accessibilità dei luoghi di lavoro e la domanda/offerta di mobilità dell’area. Deve inoltre avere una conoscenza approfondita delle problematiche connesse al territorio e saper comunicare una cultura della mobilità sostenibile.
Le principali competenze che il responsabile della mobilità deve avere riguardano la comunicazione, il marketing e la logistica, ma non solo. Emerge, dunque, la complessità di un ruolo ancora giovane e in divenire, che non necessita di uno specifico titolo di laurea ma di una solida preparazione. Per questo motivo, sono molte le università che forniscono master ad hoc ed enti privati che organizzano corsi di specializzazione volti alla formazione dei mobility manager.
CENNI STORICI
Il mobility manager non è una novità. È nato in Italia con un Decreto Ministeriale del 1998 dedicato alle norme in materia di “Mobilità sostenibile nelle aree urbane”, sulla scia degli Accordi di Kyoto del 1997. Fino al 2019 il mobility manager era obbligatorio negli enti pubblici con più di 300 dipendenti e nelle aziende con almeno 800 unità di personale, ma solo in determinati comuni “a rischio inquinamento atmosferico”. Il Decreto Rilancio, successivamente, ha esteso l’obbligo di adottare questa figura a tutte le società con 100 o più dipendenti localizzati in comuni, capoluoghi di provincia e regione e città metropolitane con popolazione superiore a 50 mila abitanti. Oggi, in un diverso contesto storico, l’obiettivo del mobility manager non è più tanto quello di ottimizzare costi e impatti della mobilità sul territorio ma piuttosto quello di tutelare la salute dei dipendenti, il distanziamento sociale e la gestione dello smart working.