L’Italia si è adeguata ai principi europei dettati in materia di exit taxation ed è intervenuta con il Decreto Legislativo sull’internazionalizzazione delle imprese apportando alcune rilevanti modifiche al regime di tassazione in uscita.
Con la locuzione exit tax si fa riferimento all’imposta sui redditi dovuta sulle plusvalenze realizzate in occasione del trasferimento della residenza verso uno Stato appartenente all’Unione europea o aderente all’Accordo sullo Spazio economico europeo.
Il momento impositivo coincide con il giorno in cui il contribuente nazionale perde la propria residenza in virtù della normativa fiscale domestica. In particolare:
- Una persona fisica si considera residente in Italia se, per la maggior parte del periodo d’imposta, risulta iscritta nelle anagrafi della popolazione residente o ha nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile;
- Le società di persone o le società di capitali si considerano residenti in Italia quando, per la maggior parte del periodo d’imposta, hanno la sede legale, la sede dell’amministrazione oppure l’oggetto principale della loro attività nel territorio dello Stato.
Il trasferimento all’estero della residenza o della sede di un soggetto esercente attività di impresa (persona fisica o società) è disciplinato dall’art. 166 del T.U.I.R. che prevede:
- Presunzione di realizzo al valore normale e pertanto possibile emersione di plusvalenza, dei componenti dell’azienda o del complesso aziendale trasferiti all’estero che non siano confluiti in una stabile organizzazione in Italia;
- Analogo trattamento ai componenti confluiti nella stabile organizzazione quando gli stessi ne vengano successivamente distolti;
- La tassazione al valore normale delle plusvalenze relative alle stabili organizzazioni all’estero.
E’ stata introdotta pertanto una distinzione tra:
i trasferimenti interni che non danno luogo a tassazione sulle plusvalenze latenti e i trasferimenti verso l’estero che risultano soggetti a tassazione con applicazione di una imposta in uscita (exit tax).
Presupposti
Soggettivo: l’applicazione della exit tax viene circoscritta a coloro che svolgono attività commerciale;
Oggettivo: l’exit tax si applica in seguito al trasferimento all’estero della residenza.
La exit tax non trova applicazione, come già specificato, se a seguito del trasferimento di residenza, i beni confluiscono in una stabile organizzazione sita nel territorio dello Stato italiano, sempre che tali beni non siano successivamente distolti.
Analogamente si considerano sottoposte ad exit tax, le plusvalenze relative a stabili organizzazioni all’estero del soggetto italiano che trasferisce la sede.
Lo schema di decreto legislativo approvato dal Consiglio dei Ministri il 9 agosto 2018, al fine di recepire la cosiddetta direttiva ATAD, interviene a modificare, dal 2019, la disciplina della exit tax di cui all’art. 166 del TUIR.
Tema di maggior interesse, che trova puntuale definizione nello schema di decreto, riguarda l’utilizzo delle perdite prodotte dalla società trasferita all’estero.
Tale norma, oggi regolata dall’art. 1 del DM 2 luglio 2014 e confermata dallo schema di Dlgs., dispone che le perdite riportate a nuovo sono utilizzate integralmente (e non nei limiti dell’80% del reddito imponibile) a fronte del reddito ordinario dell’ultimo periodo di imposta di residenza e della plusvalenza da exit nel caso di trasferimento di residenza, in quanto non permane una stabile organizzazione in Italia.
Situazione differente in caso di permanenza di una stabile organizzazione: la compensazione delle perdite avviene con il limite dell’80% a fronte del reddito ordinario e, dopo averne determinato la quota-parte proporzionalmente attribuibile alla stabile organizzazione superstite, senza alcun limite a fronte della plusvalenza da exit.